Federazione Universitaria Cattolica Italiana

 

Gruppo di Firenze

Per informazioni: 

Pagina Facebook: FUCI Firenze

Twitter: @FuciFirenze

Sede: Parrocchia S. Donato in Polverosa

Chiamare: Rita Manuela Bruno

Dal 3 al 9 agosto, si è svolta a Camaldoli la Seconda Settimana Teologica della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana). “Comunità e solidarietà in un mondo plurale”: questo il tema della settimana che ha visto la partecipazione di decine e decine di ragazzi universitari provenienti da tutta Italia, tra cui anche dal gruppo FUCI di Firenze. I relatori che ci hanno accompagnato in questo itinerario sono stati la professoressa Laura Boella, che ha curato le radici antropologiche e sociali della comunità, frate Maurizio Guidi, che ha approfondito la comunità e la fraternità nel Vangelo di Matteo, e, infine, don Antonio Montanari, che ha analizzato la comunità a partire dai padri fondatori della Chiesa per poi arrivare ad uno sguardo proiettato al presente.

Cosa vuol dire essere comunità oggi?

L’etimologia della parola communitas ci consegna i suoi elementi fondamentali: cum e munus, cioè del “dono con”. Il munus è il dono che si da all’altro e che costituisce un dovere “con” e “per” l’altro. Sulla base del pluralismo, la comunità non si fonda su qualcosa di “comune” che sta prima della persona, ma su qualcosa che si condivide, che si dona all’altro. La comunità inoltre si costituisce come desiderio che nasce dall’empatia, in cui l’altro è soggetto di esperienza come lo siamo noi, e dalla fraternità, in cui si riconosce l’altro come nostro fratello nella condivisione di un’origine e un destino comune.

Ma il volto dell’altro non è immediatamente il volto di un amico. In latino, la parola “altro” può essere ricondotta a due termini:alienus e alter. Nel primo caso, significa “straniero”, “colui che mi sta di fronte e mi fa paura”; nel secondo caso, “colui che mi sta di fronte e mi chiama”. La relazione, fondata sull’alter, ovvero su colui che mi interpella e mi identifica, costituisce la comunità. Infatti, come scrive Martin Buber, “l’uomo diventa io solo a contatto con il tu”: l’uomo, solo nel momento in cui è di fronte all’altro, percepisce la sua identità, e quindi la relazione con l’altro. 

Sono stati sicuramente giorni di intensa attività, pieni di spiritualità, ricerca, condivisione, dialogo, amicizia, goliardia. Grazie al sincero ascolto abbiamo dato luogo proprio a quella comunità fondata sulla gratuità, sull’accoglienza e sul perdono.

 

Martina Ricci

Toscana Oggi 7/09/2014, pag. 15

 

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